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Sbarco in Sardegna

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Sbarco in Sardegna

L’Istituto Italiano per il calcestruzzo apre la sua sede operativa in Sardegna con un convegno sulla durabilità del calcestruzzo. Un’occasione importante per apprendere come si può ottenere un calcestruzzo durevole

Un nuovo traguardo. Un altro punto di partenza. L’Istituto Italiano per il Calcestruzzo ha inaugurato una sua sede operativa in Sardegna. Lo ha fatto organizzando il convegno dal titolo “Durabilità del calcestruzzo”. “Inizia così anche in Sardegna l’opera di assistenza, formazione e ricerca, che sono poi gli obiettivi statutari dell’IIC”, commenta il presidente, Silvio Cocco. “Due grandi realtà produttive come la Marino Solai di Olbia (OT) e la Coinsar di Cargeghe (SS) sono le prime associate presso le quali IIC ha già iniziato il suo lavoro di controllo della produzione e di controllo della produzione di fabbrica (FPC), nella speranza che presto altre realtà locali vorranno associarsi e contribuire insieme allo sviluppo di un prodotto di qualità sempre più ambito e ricercato”.

 

IL CONCETTO DI DURABILITÀ

Silvio Cocco, presidente I.I.C.
Silvio Cocco, presidente I.I.C.

Il convegno promosso ha rappresentato un’importante occasione di approfondimento. In sostanza si è cercato di rispondere alla domanda: “quanto può durare una struttura in calcestruzzo armato?”. Nei vecchi testi si leggeva “il calcestruzzo protegge l’acciaio dalla corrosione…”, tralasciando così un fattore importantissimo: lo stesso calcestruzzo per proteggere l’acciaio deve innanzitutto poter rimanere integro nel tempo e, per preservare le proprie caratteristiche, deve poter essere impermeabile alle aggressioni ambientali.

“Fino a qualche decennio fa si pensava che il calcestruzzo fosse immune dai degradi sostanziali e invulnerabile alle aggressioni dell’ambiente”, spiega Cocco. “Pertanto, nella progettazione e nella realizzazione delle strutture sono state completamente disattese quelle procedure volte a individuare le prestazioni del materiale e le procedure di posa in opera e di maturazione del conglomerato, finalizzate a minimizzare l’impatto degradante determinato dalle azioni aggressive ambientali”.

Per durabilità di un prodotto si intende la sua capacità di mantenersi invariato nel tempo, resistendo alle sollecitazioni cui è soggetto e all’aggressione ambientale. La durabilità è dunque il filo conduttore che dovrà guidare tutte le scelte realizzative dei diversi attori che hanno un ruolo all’interno del processo costruttivo.

“Con riferimento al calcestruzzo, materiale poroso, la sua durabilità dipende fondamentalmente dal volume, dalla dimensione e dalla distribuzione dei pori accessibili, i quali, oltre a contribuire alla variazione delle prestazioni meccaniche del materiale, determinano la penetrazione degli agenti aggressivi disciolti nei fluidi (in genere acqua) che sono in grado di permeare il materiale”, continua Cocco. “È quindi abbastanza naturale intervenire sulla durabilità del calcestruzzo cercando di modificare la sua permeabilità”.

La norma UNI EN 206 definisce diverse classi d’esposizione ambientale in rapporto alle differenti classi di esposizione, al massimo rapporto acqua/cemento, al minimo dosaggio di cemento e al minimo volume d’aria. “Questi requisiti prestazionali unitamente allo spessore minimo del copriferro dovrebbero consentire il necessario grado di impermeabilità del materiale”, aggiunge il vice presidente dell’I.I.C., Valeria Campioni. “L’investimento per una struttura non è limitato al suo costo di costruzione, ma deve tenere conto della sua manutenzione ordinaria e straordinaria e del costo delle riparazioni. Non sempre la riparazione, se non muta i meccanismi di alterazione, consente alla struttura di raggiungere la sua aspettativa di vita”.

 

FONDAMENTALE L’IMPERMEABILIZZAZIONE

Tra le più frequenti cause di degrado si annoverano la gelività, il dilavamento (attacco acido), l’attacco solfatico (in climi caldi: ettringite; in climi freddi: thaumasite), la reazione alcali aggregato, la carbonatazione (che porta all’ossidazione delle armature) e la carbonatazione più la presenza di cloruri (che causa anch’essa l’ossidazione delle armature).

È sempre comunque necessario l’ingresso nei pori o nelle fessure del conglomerato di gas (O2 o CO2), ioni e liquidi (H2O). Si precisa inoltre che l’accurata impermeabilizzazione preserva il calcestruzzo dall’infiltrazione dell’acqua.

“Un calcestruzzo durevole impiega dieci anni a raggiungere dieci millimetri di carbonatazione e 63 anni per raggiungere 25 millimetri”, prosegue Campioni. “Un calcestruzzo non durevole impiega rispettivamente tre e 19 anni. Dopo tale termine può iniziare il processo di corrosione delle armature. Quindi la composizione del calcestruzzo incide in maniera considerevole sulla velocità di diffusione della carbonatazione”.

L’innovazione tecnologica presentata al convegno verte proprio sull’analisi di Aeternum, un prodotto nuovo realizzato con microsilicati modificati e trasferitori di fase di ultima generazione. Il suo utilizzo all’interno del calcestruzzo consente di ottenere matrici di bassa porosità, difficilmente penetrabili da agenti aggressivi e per i quali è possibile progettare una gamma di calcestruzzi completamente rispondenti e conformi alle richieste delle varie classi d’esposizione ambientale in sintesi calcestruzzi autocompattanti e durevoli.

Valeria Campioni, vice presidente I.I.C.
Valeria Campioni, vice presidente I.I.C.

 

Costruzioni | Febbraio 2009

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