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Un secchio di salute…

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Un secchio di salute…

…per il vostro calcestruzzo! È la nuova proposta di Tekna Chem.

Un secchio di saluteQuanto scritto nel titolo non vuole essere solo un semplice slogan, ma un vero e proprio invito da mettere in pratica in cantiere. TEKNA CHEM presenta infatti il suo ultimo nato, l’UNICUM PLUS, un compound a base di polimeri di nuova generazione specifico per aiutare calcestruzzi bisognosi di “acqua” in cantiere.

L’idea è quella di considerare questo prodotto come una sorta di cassetta di pronto soccorso: quando ci si accorge che il calcestruzzo è in fase di inizio gelificazione con la conseguente perdita di lavorabilità, anziché aggiungere acqua, penalizzandone fortemente la qualità, si può ricorrere all’UNICUM PLUS, che consente di ripristinarne la lavorabilità.

Oltre a ridonare al calcestruzzo tutte le sue caratteristiche iniziali esso provoca: un’elevatissima fluidificazione (senza alcuna aggiunta di acqua), un aumento del mantenimento della lavorabilità, uno sviluppo delle resistenze alle brevi e alle lunghe stagionature.

L’impiego di UNICUM PLUS, contenuto in sacchetti idro-solubili, rispetto a un calcestruzzo non additivato con esso permette di ottenere: calcestruzzi molto più lavorabili a parità di rapporto a/c; posa in opera facilitata e risposta immediata delle operazioni di vibratura; riduzione del bleeding e finiture superficiali migliori; incremento nelle resistenze iniziali e finali; riduzioni dei tempi di presa in funzione delle temperature esterne e del calcestruzzo; la coazione della capacità fluidificante dell’additivo e la maggiore velocità di idratazione del cemento.

Infine il rapido indurimento con sente la riduzione dei tempi di scasseratura.

 

Avanti tutta!

Enrico Danili, preside dell’Istituto Mapelli di Monza, spiega la situazione in cui si trova oggi il sistema formativo italiano. E formula proposte concrete per un radicale cambiamento.

È possibile l’incontro tra il mondo della formazione e il mondo dell’economia?

Regione Lombardia da tempo sta cercando di rispondere a questo interrogativo così importante per il futuro del lavoro e per le prospettive di sviluppo del sistema territoriale. Nel 2000 nacquero i percorsi IFTS di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore, un tentativo per fondere le diverse realtà della scuola e della formazione, dell’università e della produzione. Da allora i corsi si sono susseguiti nei diversi settori produttivi: qualche centinaio di percorsi formativi che hanno interessato per la durata di uno o due anni qualche migliaio di giovani formandoli con 500-600 ore di lezione, sviluppati da esperti delle realtà d’impresa e da docenti presenti con le loro competenze, e con altrettante ore di tirocinio formativo nelle diverse filiere del lavoro. Questi percorsi si sono sviluppati e si sviluppano ancora all’interno di un sistema di formazione parallelo all’università, che riconosce – quando lo ha fatto magari a denti stretti – dei crediti formativi riconosciuti dentro il sistema universitario, che intanto si strutturava sui tre anni più due dei corsi di laurea.

La situazione si è protratta per tutti questi anni attraverso una faticosa rincorsa del mondo della produzione e dei servizi che lo studente universitario incontrava prima di laurearsi, ma in cui entrava (quando entrava) abbastanza digiuno.

La prassi altrove è abbastanza diversa e il lavoro per tanti sistemi di formazione europei è diventato prossimo e non parallelo. Un esempio su tutti è costituito a Lugano da Supsi che rappresenta a pieno titolo un’università professionale. Ed è ciò di cui ha bisogno l’intera realtà formativa.

Da noi il sistema universitario è assai più presente e potente, forte di titoli nobilitanti, di percorsi e di relazioni importanti anche perché altisonanti e ricche. Cosa fa Regione Lombardia, come tante altre volte prima della schiera, per rendere dinamico un sistema che ha bisogno di fare scorrere conoscenze ma soprattutto di far crescere competenze professionali? Sulla scacchiera sociale propone due mosse: la prima è quella di preparare il terreno raccordando gli attori della formazione e della produzione, la seconda consiste nel fondare piante di filiera professionale che siano di riferimento sui terreni preparati per la condivisione formativa. La conseguenza delle due dinamiche sono i frutti rappresentati dai percorsi formativi, non corsi generici bensì quelli che interessano all’imprenditore che ha bisogno di quelle professionalità. Corsi che interessano ai giovani e in genere a chi cerca lavoro e che in quei corsi di formazione – qui è la scommessa – trova quello che gli necessita per trovare un lavoro qualificato dalle competenze necessarie.

Terreno, alberi e frutti sono la sostanza definita dai Poli Tecnici Professionali (il terreno), dagli Istituti Tecnici Superiori (le piante), dai percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (i frutti). I PTP vanno strutturati e proposti a Regione Lombardia entro il 5 settembre 2013, mentre entro il 10 settembre deve essere fatta la presentazione degli ITS, per la seconda volta dopo la prima ondata degli ITS di tre anni fa.

Quanti sono i PTP (Poli Formativi Professionali)? Quelli che un territorio riesce a fare nascere.

Quanti sono gli ITS (Istituti Tecnici Superiori)? Il numero questa volta è esatto: uno per filiera produttiva.

Gli ITS già nati sono 7, quelli che devono nascere ora sono altri 7.

Ciascun ITS vale a livello regionale, nell’ipotesi che le diverse realtà di quel settore costituitesi come poli tecnici professionali presenti nei diversi territori regionali facciano riferimento a quell’ITS prototipo di filiera. Il disegno è articolato, suggestivo e incubatore di situazioni creative che saranno agevolate laddove saranno capaci di promuoversi fondendo il genio dell’imprenditore con la genialità della formazione, la progettualità del sistema imprenditoriale con i talenti che emergeranno dai progetti di formazione delle specifiche professionalità.

Competenze all’incrocio: le informazioni che tutti noi conosciamo prodotte dalla scuola incontrano le abilità sempre più alte richieste dagli sviluppi tecnici e tecnologici per tradursi nella capacità di rispondere ai bisogni della società della conoscenza, che è anche la società della produzione di beni e servizi.

Da sinistra: Enrico Danili, preside dell’Istituto Mapelli di Monza, e Silvio Cocco, presidente IIC.
Da sinistra: Enrico Danili, preside dell’Istituto Mapelli di Monza, e Silvio Cocco, presidente IIC.

Possiamo tradurre e applicare queste situazioni e strategie al campo specifico cui questa rivista fa riferimento?

Prendiamo il PTP delle costruzioni e prendiamo quella realtà tanto importante quanto oggi in difficoltà che è il sistema casa e tra le altre quella figura professionale che si chiama geometra. A Rimini si è svolto di recente il Convegno Nazionale che ha portato in evidenza – se ce ne fosse bisogno – la relazione forte tra il corso scolastico di geometra e la figura coerente del professionista iscritto all’Albo del Collegio dei Geometri.

Una figura sociale fondamentale per il sistema paese forse con qualche prima difficoltà nel mondo del lavoro ma di certo con grande sofferenza nella realtà della scuola dove il nuovo profilo formativo del CAT (Costruzioni, Ambiente e Territorio) non ha giovato alla scelta del corso per geometri che risulta in calo in tutta Italia. Forse è solo una questione di brand (tutti sapevano o pensavano di sapere cosa fosse il geometra ma non sanno cosa sia il CAT), forse è questione di qualificazione che non può essere più garantita solo dal praticantato ma deve trovare un incrocio più forte nella specializzazione una volta raggiunto il diploma. Una specializzazione che non è quella – non può essere quella – dell’università ma quella reale determinata dalle specificità professionalizzanti vissute nei diversi ambiti del lavoro del geometra; dai materiali da costruzione alle competenze sul territorio e l’ambiente, fino alle competenze negli specifici ambiti gestionali.

La linea rossa su cui stiamo agendo nel territorio di Monza e Brianza corre proprio nella creazione del PTP nel campo delle costruzioni, dove la sfida è trovare un raccordo più vero tra Collegio dei geometri, istituti scolastici che hanno i corsi per geometri, le realtà del lavoro che per gli uni sono campi di professione e per gli altri sono terreno di coltivazione culturale e professionalizzante. Per l’occupabilità. Non basta però!

A Monza e Brianza stiamo tentando qualcosa di più, contaminando il sistema casa con la realtà dell’efficienza energetica, la professione del geometra che manutiene edifici magari carichi di anni con il risparmio energetico. Illuminotecnica, interventi sull’impiantistica sia termica sia idraulica in fase di manutenzione sia di certificazione, sviluppo di sistemi di efficienza energetica e di tanto altro, consentono di tornare a pensare alla figura del geometra quale è sempre stata nei settori delle costruzioni, del territorio e dell’ambiente. Figura che ora si aggiorna attraverso l’incontro con nuove tecniche e tecnologie che il geometra assume nelle proprie competenze almeno per le parti progettuali e realizzative per quanto di propria competenza.

Ecco perché a Monza e Brianza abbiamo pensato di partecipare all’ITS in campo energetico, per rispondere al bando regionale, mettendo insieme istituti scolastici tecnici industriali e istituti scolastici per geometri con realtà dell’impresa nei settori della produzione dell’efficienza e dell’impiantistica nei campi energetici, con le realtà associative come il Collegio e altro.

L’obiettivo è accordare strumenti diversi per un’unica sinfonia: quella del lavoro che rende ragione alla formazione motivando gli studenti, quella della produzione che trova le proprie ragioni nei talenti combinati con il senso di responsabilità sociale d’impresa.

 

Enrico Danili – Preside dell’Istituto Mapelli di Monza
Costruzioni | Luglio 2013

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